lunedì 28 maggio 2012

Dialogo nel Buio, la mostra, il percorso

Ci si riunisce nella penombra, una mano tocca la parete e l’altra regge il bastone bianco. Si procede verso l’ingresso e si entra. Ora è buio. Il cuore accelera, mentre i sensi si attivano alla ricerca di punti di riferimento. È un piccolo choc, ma la voce della guida che udiamo di fronte a noi ci accoglie e ci rasserena.
All’inizio tutto sembra difficile.

“Come ti chiami?”

Chiede la guida a ognuno e nel rispondere con il proprio nome ci si sente più tranquilli.
Le parole creano un clima amichevole, ma aiutano anche a esplorare l’ambiente. L’udito infatti riesce a cogliere la dimensione della stanza grazie al riverbero della voce, le mani leggono la superficie dando indicazioni sul loro materiale. L’olfatto percepisce subito gli odori di piante, materiali, suppellettili.
Nel buio diventa naturale parlare con i nostri compagni di viaggio, magari conosciuti da pochi minuti.

“Cosa c’è lì davanti?”
“Potreste aspettarmi per piacere?”
“Che meraviglia il profumo dell’erba…”

Le voci acquistano spessore, le onde sonore vibrano nell’aria diventando punti di riferimento per orientarsi. Fanno ritrovare la presenza degli altri.
I visitatori, in piccoli gruppi di otto persone, compiono un percorso nel buio della durata di un’ora e 15 minuti. Si passa per alcune stanze che riproducono ambienti, tutti diversi, da scoprire attraverso i sensi e il dialogo con la guida non vedente, svelando “un altro modo di vedere”. Dopo aver attraversato i diversi ambienti, l’ultima tappa è un bar dove, sempre nell’oscurità più totale, si commenta l’esperienza vissuta.

Un volta fuori apparirà più chiaro il significato delle parole scritte all’ingresso:
“Non occorre guardare per vedere lontano”.

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